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18 febbraio giornata mondiale dell’Asperger

"Mi sento un bambino nello spazio: tocco le stelle e non mi sento al mio posto"

 

Oggi è la Giornata Mondiale della Sindrome di Asperger. Chi ne soffre ha problemi nel linguaggio e difficoltà nell’instaurare rapporto sociali.  E’ un disturbo pervasivo dello sviluppo che rientra nello spettro dell’autismo ma presenta sintomi più lievi rispetto alle altre patologie classificate in questo gruppo.  La sindrome di Asperger è imparentata con l’autismo ed è comunemente considerata una forma dello spettro autistico “ad alto funzionamento”. Al momento non ci sono ancora certezze su origini e cause.

Benjamin ha dieci anni e soffre della Sindrome di Asperger a scuola, gli è stato assegnato il compito di scrivere una poesia intitolata “Io sono” e le parole di questo bambino sono una finestra sul suo “io” più profondo.

La mamma di Benjamin ha voluto condividerle con la National Autism Association, un’associazione di genitori e bambini americani con autismo. L’associazione, a sua volta, l’ha resta pubblica

“Sono curioso, io sono originale.
Mi chiedo se lo sei anche tu.
Sento voci nell’aria.
Vedo che tu non le senti e questo non è giusto.
Non voglio sentirmi triste.
Sono strano, io sono originale.
Mi comporto come se lo fossi anche tu.
Mi sento come un bambino nello spazio.
Tocco le stelle e non mi sento al mio posto.
Mi preoccupo di quello che pensano gli altri.
Io piango quando la gente ride, mi fa sentire piccolo.
Sono strano, io sono originale.
Ora capisco che lo sei anche tu.
Dico ‘Mi sento come un naufrago’.
Sogno di un giorno in cui sarà tutto ok.
Cerco di trovare il mio posto.
Spero che un giorno ci riuscirò.
Sono strano, io sono originale.”

 

 

Dal 2013, con il DSM-5, la diagnosi di “Disturbi dello Spettro Autistico” diventa unica, e scompare la categoria “Sindrome di Asperger”. La pratica clinica e l’esperienza scientifica hanno infatti concluso che le diverse caratteristiche delle persone con Autismo si inquadrano meglio in termini di un continuum piuttosto che nell’uso di sottotipi.

Lo Spettro Autistico è caratterizzato dalla presenza fin dall’infanzia di un “deterioramento persistente nelle comunicazioni sociali reciproche e nelle interazioni sociali in diversi contesti” e da “schemi comportamentali ripetitivi e ristretti”.

Ciò che differenzia le persone coinvolte è la qualità e quantità di supporto necessario. Si va da un bisogno di supporto molto significativo a uno non intensivo, quest’ultimo è quello che si riferisce alla ex Sindrome di Asperger.

Gli individui con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico vengono oggi definiti neurodiversi in contrapposizione a tutti coloro i quali non rientrano nello “spettro” e che vengono definiti “neurotipici” termine convenzionalmente utilizzato per descrivere tutta la popolazione non autistica, con un organizzazione neurologica che non induce cioè le caratteristiche comportamentali che determinano una diagnosi di autismo.

Il termine neurodiversità tuttavia non è sinonimo di disabilità in quanto esistono condizioni autistiche non patologiche.

Le giornate di sensibilizzazione mirano anche promuovere una cultura autistica volta al liberarsi dell’idea che il termine neurodiversità sia sinonimo di disabilità che spesso induce i neurotipici ad immaginare che il mondo vada costruito e vissuto secondo i soli criteri da loro definiti. Un compromesso sarà quanto più possibile tanto più vi sarà conoscenza delle reciproche “culture” di appartenenza.

Diffondere la cultura della neurodiversità  non dovrebbe spaventare chi vive una condizione di difficoltà, temendo che possa derivarne una banalizzazione con conseguente risparmio di risorse dedicate a chi necessita di cura. Parlare di neurodiversità consentirebbe invece, a lungo termine, di ridurre quella quota di disabilità che dipende proprio dal mancato riconoscimento della società neurotipicamente orientata di poter essere anche qualcosa di diverso e di potersi permettere una vita felice e autonoma frutto di un “compromesso culturale” tra neurotipici e neurodiversi. La qualità della vita migliorerebbe a vantaggio di tutti liberando risorse che potrebbero essere destinate a chi vive effettivamente una condizione di disabilità, neurotipico o neurodiverso che sia.